E’ molto facile parlare di magia nera e sfociare nella necromanzia. La necromanzia, lo dice la parola stessa, significa “Magia operata sulla morte” o “predizione attraverso la morte”. Rispetto al passato la necromanzia è cambiata: non contempla più le pratiche cimiteriali e il vilipendio dei cadaveri ma impiega lo ‘spiritismo’ per comunicare con i defunti e per far si che questi possano in qualche modo interagire per fare ottenere ciò che si desidera. Il termine necromanzia viene spesso confuso con la negromanzia.
Origini Necromanzia
La divinazione tramite i defunti ha origini molto antiche: era già nota presso i Babilonesi, Persiani Egiziani, questi ultimi usavano statuette per comunicare con i defunti, e successivamente anche praticata dagli Israeliti, che, probabilmente, hanno fatto proprie le usanze degli Egiziani e dei Babilonesi dopo i rispettivi periodi di schiavitù.
Nell’antico Israele esistevano tre classificazioni di necromanti: “ob”, “yidde’oni” e “doresh el hametim” (consultatore dei morti). Ob e yidde’oni venivano principalmente impiegati per gli stregoni invocatori che facevano da tramite tra il mondo dei vivi e quello dei morti, lasciando a disposizione dei defunti la propria voce per profetizzare (difatti alcuni studiosi ritengono che l’etimologia dei termini venga dal greco “ventriloquo”). Secondo il Talmud veniva posizionato in bocca l’osso d’un animale chiamato “yaddua” che permetteva al morto di parlare.
E’ doveroso precisare che in molti casi questi “medium” venivano reclutati e pagati generosamente per scacciare via gli spiriti dei morti che, non trovando pace, vagavano sulla terra. Come sappiamo dalla Bibbia, in Israele la necromanzia era una pratica popolare e diffusa ma condannata da regnanti e profeti. Con il tempo, probabilmente collegandosi ai numerosi omicidi legati alla magia nera, il termine “negromante” è stato poi associato a quello di “rapitore di fanciulli”.
Anche a Roma, secoli più tardi, vengono descritti da Orazio i rituali che regolarmente avvenivano di notte nel parco sull’Esquilino, un tempo cimitero per la plebe più miserabile poi divenuto luogo frequentato da streghe chiamate “veneficae” che vi si recavano per evocare gli spiriti dei defunti attraverso i loro resti. Grazie agli scrittori romani sono oggi note anche le tipologie di cadaveri preferite dai cosiddetti “maghi cimiteriali”: gli insepolti, i morti di morte prematura e/o violenta, i condannati, i suicidi ed in morti in guerra.
Questo tipo di magia venne limitata e perseguita in maniera rigorosa prima con l’emanazione del Codice Teodosiano nel 439 d.C. e poi con le varie leggi successive come il Breviario alariciano, la Lex Salica e l’Editto di Rotari. Durante il Medioevo l’accusa di necromanzia era tra le più gravi esistenti data la sua natura riprovevole e fortemente immorale, seppure in molti ormai avevano abbandonato la pratica con resti umani (usanza tuttavia sopravvissuta anche alle repressioni), preferendo la divinazione tramite erbe, rituali e meditazioni.
In questo periodo si sono sviluppate le varie branche della magia che oggi chiamiamo nera (tra cui rientra appunto la necromanzia), bianca, rossa e verde. Interessante notare come nei processi per stregoneria la necromanzia venga citata relativamente poco, lasciando ampio spazio alla necrofilia o la necrofagia. Agli inizi del 1500 lo scrittore Heinrich Cornelius Agrippa ha riportato l’attenzione generale verso questo argomento in un suo componimento “De goetia et necromantia”, delineando gli aspetti generali della pratica e generando diversi dibattiti riguardo alla vera natura degli spiriti evocati: si è stabilo che solo demoni o spiriti dei dannati possono essere chiamati. Solo qualche anno più tardi (1577) un discepolo di Agrippa, Johann Weyer, ha pubblicato la rinomata appendice “Pseudomonarchia Daemonum“, una lista dei demoni ispirata all’Ars Goetia.
Quando in occidente con il passare dei secoli i rituali di necromanzia nella cultura popolare sembrano abbandonati, i nuovi influssi ed incontri con le società caraibiche ed africane da poco scoperte hanno introdotto due nuovi tipi di magie di ispirazione animista-demoniaca, molto simili a quelle antiche: il Voodoo e la Macumba. Soprattutto la pratica caraibica del Voodoo (o Vudù) merita attenzione, dato il suo forte culto dei morti: per molti versi somigliante alle usanze macabre dei popoli arcaici, aggiunge l’utilizzo delle droghe naturali per indurre stati di trance e comandare eventuali “zombies”.
Dal 1800 in poi il revival della magia nera e della necromanzia non ha conosciuto sosta, favorito dalla nascita di molte sette luciferiane e neopagane ispirate da principi scientisti misti a positivismo, stregoneria e rituali iniziatici. Si pensa appartenga agli albori del XIX secolo anche lo scritto “Historia Necromantiae” (Storia della necromanzia), una sorta d’appendice dei maggiori stregoni e necromanti soprattutto arabi.
Cosa si cerca con la necromanzia?
La pratica della necromanzia è a tutt’oggi sperimentata. Il suo scopo è quello di ricercare gli spiriti dei defunti per apprenderne i segreti e assimilarne la sapienza. Che sia giusto o meno applicarla sta al buon senso del mago, dell’esoterista.